Sisma India gennaio 2001

Dalla Caritas ai volontari, dalla Croce rossa ai Ds
la mobilitazione a favore dei terremotati indiani
Solidarietà, ecco le iniziative dall’Italia
di CORRADO ZUNINO

ROMA – Cresce la mobilitazione italiana per il terremoto in India. E ai conti correnti “istituzionali”, si aggiungono le iniziative delle organizzazioni non governative. La Croce Rossa italiana chiede contributi in denaro per poter inviare con gli aerei militari di stanza a Pisa medicinali, vestiti invernali, biscotti proteici, coperte e tende. I contributi potranno essere versati sul conto corrente postale numero 300004 (intestato a Croce Rossa italiana, via Toscana 12, 00187 Roma) o sul conto corrente bancario numero 218020 (Croce Rossa Italiana, Banca nazionale del Lavoro-Tesoreria Roma Centro).

In entrambi i casi la causale del versamento è “pro India”. La Croce Rossa internazionale e la Mezzaluna Rossa hanno già inviato in India due ospedali da campo (con una capacità da 350 posti-letto l?uno). La Croce Rossa, poi, ha avviato singole raccolte nelle regioni italiane. In Trentino si possono versare contributi sul conto corrente numero 13939384 e sul conto corrente bancario numero 6100 presso la Tesoreria Caritro di Trento, entrambi intestati a Croce Rossa italiana, via Muredei 51, Trento. La Caritas italiana ha anticipato 300 milioni di lire per aiutare 20 mila famiglie. E per domenica prossima avvierà una colletta nelle singole parrocchie: “Speriamo di poter continuare anche grazie agli aiuti italiani”, ha detto padre Gregory D’Souza, vice direttore della Caritas indiana. Questi i numeri Caritas per offrire un contributo: conto corrente postale 347013; conto corrente bancario 511100, Banca popolare etica, Padova, Abi 5018, Cab 12100. I versamenti vanno intestati a Caritas italiana, via Baldelli 41, 00146 Roma. La causale è “Terremoto India”.

Medicine per 600 milioni di lire sono state inviate dall’ambasciata d’Italia in India, mentre il governo italiano ha già messo a disposizione 5 miliardi di lire. La città di cui si occuperà la cooperazione italiana sarà Rapar, dove domani atterrerà un volo speciale carico di tende e medicine.

I vescovi italiani hanno prelevato dal fondo dell’otto per mille, gestito dalla Conferenza episcopale italiana, 3 miliardi. E la Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia ha aperto il conto corrente postale numero 21468509 e il conto corrente bancario 28297.49 del Monte dei Paschi di Siena di Firenze (Abi 1030, Cab 2800). Le donazioni vanno intestate alla Confederazione nazionale delle Misericordie d?Italia, viale Matteotti 60, 50132, Firenze.

La segreteria dei Ds fa appello alle federazioni e ai singoli circoli per una donazione collettiva alle organizzazioni non governative (non specificate) che stanno raggiungendo la regione del Gujarat per i primi soccorsi. Le offerte possono essere inviate a Democratici di sinistra, direzione nazionale, via Palermo 12, 00184, Roma. Banco di Napoli, agenzia numero 1, Abi 01010, Cab 03201, conto corrente 27/6653. Causale “Emergenza India”. O ancora, conto corrente postale 17823006 intestato a Ds-direzione nazionale.

Solidarietà all’India arriva dalle zone terremotate dell’Umbria: il sindaco di Gualdo Tadino, Rolando Pinacoli, chiede a Regione e singoli comuni di destinare all’India una percentuale delle donazioni ricevute in occasione del terremoto umbro: “Noi siamo stati aiutati, a tre anni di distanza possiamo dirlo”.

Iniziano a partire volontari. L’associazione unità cinofile partenopea ha imbarcato sul Napoli-Bombay due volontari (con cane) e un medico chirurgo. E ha già organizzato una missione nell’India occidentale il Cesvi, volontari laici di Bergamo, per una prima distribuzione di medicine essenziali e acqua potabile, vitamine e integratori. Quindi, si organizzeranno interventi per la ricostruzione delle abitazionbi e del sistema idrico. Codice postale 32.42.44 intestato a Cesvi Bergamo.

(31 gennaio 2001)

 


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Svaniscono le speranze di trovare altri superstiti
Cremazioni per strada contro il rischio epidemie
India, scenario d’apocalisse forse i morti sono 100 mila
di RAIMONDO BULTRINI

AHMEDABAD – Un’altra scossa, leggera, poco sotto i sei gradi della Richter, ha fatto alzare dai loro letti di un colpo i 4 milioni di abitanti della capitale del Gujarat, lo Stato più colpito dal terremoto di venerdì scorso in India. Un altro edificio di Ahmedabad è crollato e un’altra notte è passata per le decine di vittime, ormai sicuramente tutte morte, ancora sotto le macerie dove si scava con picconi e bulldozer. Ma le notizie più sconfortanti vengono dalle aree remote dell’epicentro sismico, che venerdì scorso alle 8 mattina ha seminato morte e distruzione in un territorio vastissimo tra India, Pakistan e Nepal.

Mentre i dati ufficiali continuano a parlare di quindicimila morti, soccorritori e popolazione ritengono che le vittime a Bhuj, Rapat e Bhachau, il triangolo maledetto, alla fine saranno superiori alle centomila. Solo a Bhuj, antico e a un tempo incantevole borgo di duecentomila abitanti, sono crollate l’80 per cento delle abitazioni, e cifre analoghe riguardano Anjan, Bhachau, Kutch. Il pessimismo nasce dalla constatazione che solo in rari casi i soccorsi sono riusciti ad estrarre persone vive dalle macerie. Per tre giorni, la gran parte delle persone incastrate sotto gli edifici crollati sono rimaste senza acqua né cibo, mentre magari i loro parenti, a mani nude, cercavano di raggiungerli alla cieca, guidati dall’istinto, o solo dalla disperazione di volerli tirare fuori. Ad aggravare il problema della mancanza di adeguate attrezzature tecniche e di personale specializzato ha contribuito la pessima condizione di alcune strade e dell’aeroporto civile di Bhuj, dichiarato inagibile e sostituito, per voli speciali, con quello militare dove sbarcano, ormai troppo tardi, soldati, volontari e attrezzature.

A Bhuj, dove è stato distrutto anche l’ospedale, i pochi medici disponibili hanno fatto del loro meglio lavorando senza attrezzature e medicinali all’aperto e a una donna hanno amputato una gamba con dei sedativi e strumenti chirurgici sterilizzati alla meglio.
Già da due giorni è cominciato il doloroso rito dei funerali, con cerimonie spesso collettive di cremazione dei corpi. Enormi pire sono state innalzate con i cadaveri ammucchiati uno sull’altro, spesso irriconoscibili per gli stessi parenti che hanno vegliato e pregato senza distinzione per tutti i sepolti vivi del più grave sisma dell’ultimo mezzo secolo. A Bhachau, diecimila dei trentacinquemila abitanti, secondo le testimonianze raccolte da un giornalista di Times of India, sarebbero morti, e ad ogni angolo di strada sono stati accesi falò delle pire crematorie. Una decisione che riduce almeno un po’ il problema delle possibili epidemie, prossimo rischio per i sopravvissuti assieme alle numerose scosse di assestamento che sconsigliano il ritorno a casa. Ma l’odore terribile della decomposizione sta diventando un problema più grave ogni ora che passa. Spesso i soccorritori sono costretti a lavorare per brevi turni, muniti di fazzoletti imbevuti di colonia, e presto le autorità potrebbero decidere di demolire completamente gli edifici e coprirli con gettate di cemento, togliendo così anche l’ultima speranza nel miracolo divino.

Già all’ingresso di Bhachau l’autostrada mostra i segni della tragedia e subito dopo l’ospedale Vagad Seva Samaj, con le mure esterne apparentemente intatte, dentro è solo un ammasso di macerie con sotto pazienti, infermieri, medici, visitatori. Anche qui le pire funerarie sono state innalzate autonomamente dai cittadini e dopo le prime ore in cui si è tentato di calcolare il numero delle vittime, ognuno ha preso e bruciato corpi ad ogni angolo e nessuno è più in grado di tenere le statistiche.. Ma in tutta l’area il nuovo dramma è quello igienico e alimentare. Scarseggiano cibo e acqua, e solo qualche centinaio di linee telefoniche sono state ripristinate per le emergenze. Inevitabile la rabbia delle popolazioni, che hanno anche noleggiato privatamente delle scavatrici per recuperare almeno i corpi dei parenti. Per questo ci è mancato un soffio che il ministro indiano Nitil Patel, giunto nelle aree dell’epicentro nella giornata di sabato, venisse linciato dalla folla inferocita dopo essere sceso dal suo elicottero. Patel, resosi conto della situazione, è tornato precipitosamente a Bombay alla ricerca di aiuti, e ha spedito subito delle scavatrici.

Anche Sonia Gandhi voleva raggiungere l’area dell’epicentro, ma è stata sconsigliata per “non ostacolare i soccorsi” e si è limitata a una visita in uno dei quartieri più colpiti di Ahmedabad. E a spiegare l’apparente mistero dei crolli avvenuti qua e là, come se un dispettoso gigante fosse saltato sui tetti di un centinaio di abitazioni lasciando tutte le altre apparentemente intatte, ecco la spiegazione di un condomino dello stesso edificio di Maninagar. Secondo l’uomo, che mostra ancora profonde ferite al viso e ha perso padre e sorella, la colpa di molti dei crolli sarebbe stata il mancato consolidamento delle fondamenta da parte dei costruttori e accusa una grande impresa edile i cui titolari, Rakash Shah e Nirav Shah, sono scappati precipitosamente da Ahmedabad. Ma a poche centinaia di metri anche una caserma dell’esercito, costruita da altre ditte, è crollata travolgendo soldati e impiegati. Così pure la scuola di Swami Narayan, un’istituzione religiosa con numerose proprietà e fondazioni in tutto il Gujarat, è stata la sola a crollare nel quartiere di Isanpur. I piani si sono appoggiati uno sull’altro e adesso ci sono tre grosse travi che formano un sandwich dove restano ancora incastrati quattro dei sessanta studenti tra i 16 e 18 anni convocati venerdì scorso dai loro insegnanti, nonostante il giorno di festa, per preparare un esame di scienze. Adesso in tutto il Gujarat le scuole sono chiuse fino a nuovo ordine.

(29 gennaio 2001)

 


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